Essere la seconda missione lanciata verso il regno di Selene aveva degli innegabili svantaggi: la Storia era già passata 4 mesi prima da lì con un grande balzo per tutta l'umanità, portandosene via l’entusiasmo: l'attenzione era ora rivolta alle proteste giovanili e alle imponenti manifestazioni contro la guerra in Vietnam; la Luna era una preda nel carniere della postmodernità che non interessava già quasi più nulla a nessuno. Nel crollo delle illusioni, Apollo 12 portava con sé un sentimento di malinconia post coitale di cui era responsabile anche l’orgasmica impresa dei predecessori. Di fronte alla caduta degli dei del cosmo, ai tre astronauti non rimaneva che vivere un’esperienza unica senza dover rispondere di aspettative planetarie. Con disciplina e serietà, come imponeva il loro lavoro; e consolandosi del destino che li aveva relegati a secondi, alleggerendo la gravità delle procedure con una buona dose di divertimento.
L’avvio, in verità, fu tutt’altro che spassoso. L’Apollo 12 partì nella notte del 14 novembre del 1969 durante un terribile temporale. Il razzo vettore fu colpito da due fulmini che resero l’interno della navicella simile ad un albero di Natale di luci colorate ad intermittenza lanciato verso lo spazio siderale. Grazie alla prontezza di un tecnico venticinquenne che ad Houston si ricordò cosa fare in casi del genere, il viaggio proseguì tranquillamente. Cinque giorni dopo i due astronauti Charles "Pete" Conrad e Alan Bean allunarono nell’Oceano delle Tempeste, con l’obiettivo di effettuare una dettagliata esplorazione scientifica lunare e di recuperare le parti del veicolo spaziale Surveyor III, che giacevano nei dintorni dal 1967. Tutto si svolse regolarmente, se si esclude l’incidente alla telecamera usata per le riprese televisive che Bean rivolse inavvertitamente contro il sole, interrompendo quasi subito la diretta TV. Schiacciata tra la gloria di Apollo 11 e il pathos di Apollo 13, la missione Apollo 12 potrebbe essere facilmente dimenticata se non fosse per l'umanità dell'equpaggio. Dick Gordon, Pete Conrad e Alan Bean erano tre anime gemelle in un ambiente competitivo e ben lontano da quell'immagine di cameratesca banda di eroici boy scout che riviste come LIFE o la stessa NASA tendevano a presentare.
Dick Gordon è il prototipo dell’astronauta sfortunato. Fra lui e il comandante di missione Conrad si era stabilito un rapporto di saldissima amicizia. I due erano compagni di stanza durante la carriera militare e si trovarono assieme anche durante la missione Gemini 11, in cui Gordon fu uno dei primi americani a passeggiare nello spazio e anche il primo a rischiare seriamente di perdervi la vita. Fu solo grazie alla prontezza di Conrad che Gordon, quasi privo di sensi per la fatica del lavoro in assenza di gravità, venne sottratto al nero vuoto dello spazio e riportato all'interno della navicella. Proprio per la sua esperienza gli venne affidato il compito più importante delle missioni Apollo: garantire il rientro a casa dei compagni, restandosene a girare intorno alla Luna dopo aver viaggiato per oltre 300.000 chilometri, attendendo che gli altri facessero ritorno dall'esplorazione. Questo comportava anche un passaggio di circa mezz’ora sul lato oscuro del satellite, irraggiungibile dalle comunicazioni, nella solitudine che prima di lui fu solo di Adamo. Gordon avrebbe dovuto compiere i fatidici ultimi 100 chilometri con Apollo 17, ma dietro insistenze del mondo scientifico fu sostituito dal geologo Henri Schmitt. Nella spietata gerarchia commerciale che è seguita al programma Apollo, i piloti che non hanno camminato sulla Luna hanno un valore infinitamente minore. E così Gordon ha dovuto lavorare per vivere. È stato presidente di una squadra di football e si è poi dedicato alle esplorazioni petrolifere, accontentandosi di firmare autografi a pochi dollari nelle convention di appassionati di fantascienza, più attratti da eroi spaziali di fiction che da uno dei soli 24 uomini al mondo che ha compiuto il viaggio dalla Terra alla Luna.
Dick Gordon è il prototipo dell’astronauta sfortunato. Fra lui e il comandante di missione Conrad si era stabilito un rapporto di saldissima amicizia. I due erano compagni di stanza durante la carriera militare e si trovarono assieme anche durante la missione Gemini 11, in cui Gordon fu uno dei primi americani a passeggiare nello spazio e anche il primo a rischiare seriamente di perdervi la vita. Fu solo grazie alla prontezza di Conrad che Gordon, quasi privo di sensi per la fatica del lavoro in assenza di gravità, venne sottratto al nero vuoto dello spazio e riportato all'interno della navicella. Proprio per la sua esperienza gli venne affidato il compito più importante delle missioni Apollo: garantire il rientro a casa dei compagni, restandosene a girare intorno alla Luna dopo aver viaggiato per oltre 300.000 chilometri, attendendo che gli altri facessero ritorno dall'esplorazione. Questo comportava anche un passaggio di circa mezz’ora sul lato oscuro del satellite, irraggiungibile dalle comunicazioni, nella solitudine che prima di lui fu solo di Adamo. Gordon avrebbe dovuto compiere i fatidici ultimi 100 chilometri con Apollo 17, ma dietro insistenze del mondo scientifico fu sostituito dal geologo Henri Schmitt. Nella spietata gerarchia commerciale che è seguita al programma Apollo, i piloti che non hanno camminato sulla Luna hanno un valore infinitamente minore. E così Gordon ha dovuto lavorare per vivere. È stato presidente di una squadra di football e si è poi dedicato alle esplorazioni petrolifere, accontentandosi di firmare autografi a pochi dollari nelle convention di appassionati di fantascienza, più attratti da eroi spaziali di fiction che da uno dei soli 24 uomini al mondo che ha compiuto il viaggio dalla Terra alla Luna.
La lapide di Pete Conrad è un monolite nero. Oltre al nome e alle date porta incise le parole “An original”. E Pete Conrad era davvero un tipo originale a partire da una fisicità incongrua rispetto all’immaginario dei cowboy spaziali: basso di statura, quasi calvo e con un consistente vuoto cosmico tra gli incisivi superiori. Soffriva di dislessia e gli insegnanti lo avevano catalogato come uno studente svogliato e al limite della deficienza. La madre lo iscrisse ad una scuola speciale che ne mise in luce la brillantezza intellettuale e gli consentì di laurearsi a Princeton. La sua carriera aviatoria si scontrò con la contraerea dell'inconscio freudiano. Alla prima selezione per diventare astronauta, poco convinto dell'utilità dei test psicologici, Conrad si divertì a prendere in giro i medici. Mentre lo sottoponevano al test delle macchie di Rorschach indugiava a descrivere rapporti sessuali con dettagli sempre più licenziosi. Giunti all’ultima immagine avvisò lo psicologo: “Questa immagine è messa a testa in giù!”
Era, tuttavia, un pilota provetto e, quando gli Stati Uniti allentarono le pretese psicologiche sui suoi uomini, entrò di diritto nella squadra degli astronauti. Contrariamente ad Armstrong che si era portato la maestosa Sinfonia "Dal Nuovo Mondo"di Antonin Dvorak, il comandante di Apollo 12 decise di galleggiare in assenza di gravità al ritmo degli Archies, una band fittizia protagonista di un cartone animato, come se stesse accompagnando i suoi uomini ad un festoso party a base di frullati alla frutta. Conrad pilotò manualmente il modulo lunare portandolo ad appena 183 metri dai resti del Surveyor III, facendo sembrare l’allunaggio un gioco da ragazzi.
Quando fu pronto ad uscire sul suolo lunare si ricordò di vincere una scommessa con la giornalista Oriana Fallaci che seguiva per il Corriere della Sera il programma Apollo. La Fallaci sospettava che la NASA preparasse a tavolino le frasi che gli astronauti dovevano dire al momento dell’allunaggio e manifestò questo sospetto al comandate. Misero una posta di 500 dollari e concordarono lì per lì le parole che Conrad avrebbe detto. E così, riferendosi alla sua bassa statura e parodiando la frase del secolo di Neil Armstrong, le parole del terzo uomo sulla Luna furono: “Whoopie! Sarà stato un piccolo passo per Neil, ma per me è davvero lungo.”
Quando fu pronto ad uscire sul suolo lunare si ricordò di vincere una scommessa con la giornalista Oriana Fallaci che seguiva per il Corriere della Sera il programma Apollo. La Fallaci sospettava che la NASA preparasse a tavolino le frasi che gli astronauti dovevano dire al momento dell’allunaggio e manifestò questo sospetto al comandate. Misero una posta di 500 dollari e concordarono lì per lì le parole che Conrad avrebbe detto. E così, riferendosi alla sua bassa statura e parodiando la frase del secolo di Neil Armstrong, le parole del terzo uomo sulla Luna furono: “Whoopie! Sarà stato un piccolo passo per Neil, ma per me è davvero lungo.”
Il divertimento non finì lì. Ad un certo punto della missione Conrad e il collega Bean cominciarono a ridere a crepapelle. Il libro "Luna? Sì ci siamo andati" di Paolo Attivissimo racconta che i due trovarono nell'elenco di procedure da attuare sulla Luna che portavano cucito sulla manica della tuta, una serie di foto di donnine nude gentilmente offerte dai colleghi astronauti e corredate da frasi a doppio senso. Conrad e Bean furono inoltre i primi uomini a canticchiare sulla Luna e il comandante fu anche (an original!) il primo a cadervi sopra. Il ritorno terrestre di Conrad, contrariamente agli altri astronauti lunari, non fu segnato da grandi cambiamenti. Niente alcool, niente conversioni mistiche, niente divorzi (almeno nell’immediato, Conrad divorziò 20 anni dopo la sua missione lunare). Era anche uno dei pochi ad aver trovato la risposta giusta alla domanda che tormentava i moonwalker: “Cosa si prova a camminare sulla Luna?”. Mentre i colleghi si impantanavano con la poesia che era loro più aliena della Luna, Conrad rispondeva invariabilmente come un novenne appena sceso dall’ottovolante: “Super! Mi sono divertito un mondo”. Pareva, insomma, che l’influsso lunare che agitava i colleghi lo avesse risparmiato. Almeno fin quando non si seppe che era morto nel luglio del 1999 in seguito ad un incidente di moto avvenuto ad Ojai, che nella lingua dei nativi americani significa Luna.
Alan Bean, infine, è l’unico artista ad aver camminato sulla Luna, forse per questo l’idea che si forma nella mente di che legge le sue interviste è quella di un uomo completamente felice. Con lui la vita era stata crudele e misericordiosa. Dotato di una sensibilità acutissima, Bean era stato selezionato per ben due volte come astronauta in sostituzione di altrettanti colleghi morti. Sapeva che doveva loro la fortuna di poter passeggiare sulla Luna. Sapeva anche che la sua inesperienza di voli spaziali aveva determinato la scelta di Gordon come pilota del modulo di comando. Dopo quel 1969, per un decennio Bean ha convissuto con l’esigenza di fermare in qualche modo le sensazioni di quelle ore da miracolato, nel giorno più bello della sua vita. All’inizio degli anni ’80 ha capito che poteva farlo dipingendo. Il soggetto dei sui quadri è ossessivo: la Luna. La ritrae con una tecnica impressionista e ricca di dettagli, aggiungendo sulla tela anche piccoli frammenti della propria tuta di astronauta e di polvere lunare. Così, ha risarcito l’amico Gordon dipingendolo sul suolo lunare, allacciato in un abbraccio con lui e Conrad e ha potuto finalmente rispondere alla domanda per cui il capitano di Apollo 12 aveva trovato una formula giocosa, ritraendosi immerso nell’oro, nel grigio e nel viola, come sospeso tra un sogno acido e una levitazione mistica. Quando il giornalista Andrew Smith gli chiese se avesse qualche rimpianto di quegli anni, Bean rivolse il suo pensiero ai figli, alla tenerezza che provava a carezzare i loro capelli quando erano piccoli e a quanto avrebbe voluto farlo ancora.
Dick Gordon, Pete Conrad ed Alan Bean nella classica formazione pop di chitarra basso e batteria chiusero un decennio irripetibile suonando un ballabile malinconico, un blues scatenato, un inno dalla Luna alla Terra dal titolo che rubo ad una quadro del sensibile Bean: Il divertimento è ovunque lo si riesca a trovare.
Fonti, rimandi, ispirazioni e fanatismi:
Tutto l'Apollo 12 minuto per minuto
Il sito in memoria di Pete Conrad
Il sito ufficiale di Dick Gordon
Le opere di Alan Bean (sempre che abbiate abbastanza soldi per potervele permettere)
Tutte le foto della missione
"Apollo 12 uncensored" video sul dietro le quinte della missione
Fonti, rimandi, ispirazioni e fanatismi:
Tutto l'Apollo 12 minuto per minuto
Il sito in memoria di Pete Conrad
Il sito ufficiale di Dick Gordon
Le opere di Alan Bean (sempre che abbiate abbastanza soldi per potervele permettere)
Tutte le foto della missione
"Apollo 12 uncensored" video sul dietro le quinte della missione
Polvere di luna. La storia degli uomini che sfidarono lo spazio di Andrew Smith – Cairo Editore
Curiosità, dati tecnici e storici su Apollo 12 si trovano anche su "Luna? Sì ci siamo andati" di Paolo Attivissimo, scaricabile gratuitamente qui