martedì 26 giugno 2012

Delitto alla corte del re Sole



Secondo il libro tibetano dei morti, negli istanti successivi alla fine, al defunto pare di vedere gli dei sotto forma di animali. Si tratta, invece, di proiezioni della mente che continua a produrre le sue ossessioni. L’astronomo Percival Lowell non era mai stato in Tibet e sotto le sue palpebre chiuse per sempre da un ictus, nel 1916, si affacciò un gigantesco pianeta orbitante oltre la familiare conoscenza del sistema solare. Ne fu felice, perché aveva dedicato i suoi ultimi 9 anni di vita alla ricerca di un corpo celeste ancora sconosciuto, ma in grado di perturbare le orbite di Urano e Nettuno, i pianeti più esterni del sistema solare che parevano attirati da qualche oggetto di grande massa nel loro incedere siderale.
Ormai del tutto al di fuori dalla mente di Lowell, il resto degli essere umani che si occupavano di astronomia ricevettero in eredità dal defunto una serie di accuratissimi calcoli sulla presunta posizione del nono pianeta, la cui ricerca si tramutò presto, soprattutto negli Stati Uniti,  in una febbre simile a quella dei cercatori d’oro. La corsa alla scoperta del nono pianeta fu vinta da uno  oscuro ricercatore di appena 24 anni. Si chiamava Clyde Tombaugh e riuscì nell'impresa grazie ad un dispositivo di sua invenzione chiamato comparatore a intermittenza. Il macchinario gli consentiva di confrontare simultaneamente singole fotografie della stessa porzione di cielo scattate in momenti differenti, per osservare se qualcosa si fosse mosse rispetto allo sfondo delle stelle fisse. Con questo metodo, il 18 febbraio del 1930, lì dove Lowell aveva previsto, si mostrò per la prima volta il tanto ricercato corpo celeste. Ricevette il nome di Plutone, il dio dell’aldilà, a causa dell’ostilità delle condizioni che si presentano in quegli spazi lontanissimi dal Sole e anche per omaggiare con le sue prime lettere le iniziali di Percival Lowell (e il simbolo di Plutone è proprio una PL sovrapposta:♇).
Clyde Tombaugh accanto al telescopio con cui scoprì Plutone



Fu subito chiaro, tuttavia, che Plutone aveva una bassa luminosità e una massa molto piccola. Non poteva, quindi, essere il responsabile delle discrepanze sulle orbite di Urano e Nettuno. In altre parole, per un puro caso e mentre cercava tutt’altro, Tombaugh aveva scoperto un nuovo oggetto del sistema solare. Un esempio classico di quella che oggi si chiama serendipità e che gli astronomi dell’epoca preferirono classificare con il termine scientifico di “fortuna del principiante”.
Caso o non caso Tombaugh e Plutone vennero festeggiati come si deve: Tombaugh ricevette numerosi premi accademici mentre gli Stati Uniti tributarono la massima onorificenza nazionale a Plutone nel giorno in cui alla Walt Disney battezzarono col nome del nuovo pianeta il cane appena creato per Topolino. Tombaugh trascorse ancora diversi decenni alla ricerca del gigantesco decimo pianeta, almeno fino agli anni ’70, quando le sonde inviate verso Urano e Nettuno accordarono le misurazioni dei moti di questi pianeti con le loro masse, spegnendo una volta per tutte le ricerche su un pianeta gigantesco e sconosciuto.
Gli studi successivi confermarono la natura infernale di Plutone. Un turista spaziale (sempre ammesso che non abbia dato retta all’attore Robin Williams e alla sua battuta: "Non andate su Plutone. E' il pianeta di Topolino".) si ritroverebbe su un territorio più piccolo della nostra Luna ad una temperatura ordinariamente al di sotto dei 220 gradi centigradi, in un mondo formato da ghiaccio e roccia, con una tenue atmosfera di azoto e metano che nei mesi invernali arriva a solidificarsi. Ad una distanza di oltre 5 miliardi di chilometri, il Sole sarebbe a stento distinguibile da una qualsiasi altra stella. In quel grigio silenzio, l'attrazione principale sarebbe Caronte, la più grande delle quattro Lune di Plutone ad oggi scoperte. Caronte ha un’orbita sincronica a quella di Plutone e quindi apparirebbe al nostro turista spaziale sempre immobile nella stessa parte del cielo plutoniano, come un ritaglio nel velluto siderale.Nonostante Plutone fosse stato arruolato tra i pianeti dai libri di astronomia, dai poster, dalla letteratura di fantascienza e da generazioni di appassionati, molti astronomi mettevano in risalto le sue anomalie, soprattutto relative all’orbita e alla dimensione, richiedendone la riclassificazione. Nel 2005 alcuni astronomi statunitensi scoprirono Eris, un gemello maggiore di Plutone che si muove ad una distanza dal Sole ancora maggiore. Alle prime voci entusiaste per la scoperta di un decimo pianeta, si sovrapposero quelle della scienza ufficiale che si interrogò sulla definizione di pianeta e propose, semmai, di declassare Plutone. Il 24 agosto 2006 in una infuocata seduta dell'Unione Astronomica Internazionale  tenutasi a Praga, come si usa da quelle parti, Plutone venne defenestrato dal sistema planetario del nostro Sole e retrocesso a pianeta nano. La decisione spezzò i cuori di generazioni di astrofili che recitavano i nomi dei pianeti come certi tifosi le formazioni di calcio. Il Plutone pianeta era stato ucciso da inappuntabili ragioni scientifiche riconducibili a quello che Claudio Magris definisce “il piacere classificatorio e protocollare che aiuta a nascondere l’assurdità della vita”. L’emotività della scelta non risparmiò la politica e romanticamente il Congresso dello stato dell'Illinois (patria di Clyde Tombaugh), nel 2007, ha decretato per legge che Plutone resta un pianeta. Il suo scopritore era già morto da dieci anni, senza avere avuto sentore del destino che attendeva la sua scoperta.


La sonda spaziale New Horizons, lanciata a gennaio del 2006 verso Plutone, raggiungerà la sua destinazione nel luglio del 2015. Porta a bordo una parte delle ceneri di Tombaugh che si ricongiungerà così al suo personalissimo aldilà, prima di perdersi, intrepido, ai confini del sistema solare. Plutone a causa della sua distanza dal Sole possiede un’orbita lunghissima e impiega circa 250 anni per completare un anno. Dal giorno in cui apparve ad intermittenza su due lastre fotografiche ad un giovanissimo astronomo dell’Illinois, ha percorso il tempo di una stagione (la primavera per l’esattezza). Forse serba riposto tra i ghiacci il ricordo del tributo concessogli dai remotissimi essere umani come il dio che gli ha dato il nome fece con Persefone. Più probabilmente continua il suo moto letargico e plumbeo, immemore e disincantato sulle centomila cose del mondo, sufficiente a sé stesso, senza chiedere riconoscimenti o fama, senza crucci per le offese subite, con l'indifferenza che appartiene alle cose e che, se fosse degli umani, potremmo anche chiamare felicità.





Una raffigurazione artistica di Plutone e Caronte visti da uno dei satelliti. fonte NASA
realizzata da G. Bacon (STscI)