martedì 13 dicembre 2011

Forse non tutti sanno che...

“Il divino è senza sforzo” (Eschilo)

Un dialogo d’ascensore tra occasionali compagni d'ascesa: “Mah, da tre giorni piove che il Demiurgo la manda!” “Eh, ma per le campagne questa è una benedizione del Primo Eone”.
Se vi sentite spiazzati è solo perché 1.700 anni fa lo gnosticismo ha perso la sua battaglia col cristianesimo.
La gnosi è una religione ad alta densità filosofica organizzata come una enorme matrjoska soprannaturale che comprende una trentina di dei riuniti nel Pleroma, un Olimpo che parte dal dio Primo (Il primo Eone) e scende giù giù in coppie di Eoni (tra cui anche Cristo e lo Spirito Santo) fino ad arrivare al mondo fisico, corrotto ed oscuro. La realtà che conosciamo è il frutto di una caduta cosmica e l’universo che abitiamo è stato creato da un Demiurgo, un dio vendicativo e malvagio, che viene identificato con lo Yahweh  del Vecchio Testamento. In questo abisso, lo gnostico utilizza la conoscenza come una chiave che lo libera dalle catene che lo tengono legato al mondo e alla natura. Lo gnostico, quindi, opera una netta distinzione tra gli illuminati e il resto degli uomini che non hanno la conoscenza della verità e che, addirittura, adorano il Demiurgo. 
Sebbene sia di tutta evidenza che la gnosi non sia l’argomento più dibattuto davanti alla macchinetta del caffè in ufficio (e a dirla tutta dubito che assicuri successo ai blog che ne trattano), esistono  due libri vendutissimi che per pura casualità sono anche due opere seconde nel campo del romanzo. Si tratta di “A che punto è la notte” di Carlo Fruttero e Franco Lucentini e di “Il pendolo di Foucault” di Umberto Eco. Sono romanzi che pur dimorando all’ombra del libro che li ha preceduti hanno macinato riedizioni e recensioni. 
“A che punto è la notte” esce nel 1979, 7 anni dopo l’enorme successo di “La donna della domenica” , il romanzo che rivelò la ditta dei versatili Fruttero e Lucentini. Il libro racconta, nelle forme classiche del giallo, della Torino di fine anni '70 in cui si consumano tre omicidi. Il primo è quello di un prete non convenzionale che dopo aver declinato in modi e forme bizzarre le conclusioni del Concilio Vaticano II, ripiega sul misticismo gnostico e si lancia in prediche apocalittiche dall’alto di una torre allusiva e misticheggiante, in una chiesa in penombra, rischiarata solo dal fuoco della Conoscenza e dal lampo dell'esplosione di un cero che il sacerdote tiene in mano durante una delle sue teatrali performance oratorie.
Il secondo omicidio è quello di un carabiniere sotto copertura che prima di essere ucciso a bordo della propria auto ha il tempo di lasciare scritto sul cristallo appannato del parabrezza un messaggio riconducibile allo gnosticismo. Del terzo omicidio non dirò, per non gustare la sorpresa ad eventuali lettori.
Ad indagare sull’intricatissima storia è chiamato il commissario Santamaria che è la figura cardine sui cui si imposta la visione letteraria e di genere di Fruttero e Lucentini. Quello che piace, infatti, al di là della trama avvincente e delle soluzioni stilistiche, è che in questo romanzo la gnosi è in opposizione al giallo e il detective si trova al polo opposto dell’iniziato. Santamaria, infatti, come tutti gli investigatori, deve spingersi a scoprire le leggi che regolano il ritmo del mondo e a ridare loro un ordine che ci riconcili con il concetto di giustizia e di bene. Il nostro commissario  procede nell’indagine in maniera bonaria, umanissima, autoironica. Usa il disincanto come una mistica e fa balenare i bagliori di un’intelligenza dimessa e rassegnata all’assurdo, ma comunque capace di rischiarare il mondo, anche solo quello di una grande città del nord Italia e di alcuni suoi abitanti.
La soluzione dell’enigma avverrà grazie ad un impiegato di una casa editrice (la penna di F&L si affila in pagine memorabili anche sul mondo editoriale e su certi cliché culturali), ad uno dei primi calcolatori e alla decifrazione del messaggio del povero carabiniere. E sarà un finale tutt’altro che mistico, perché andrà a toccare il totem del boom economico ed industriale italiano. O forse mi sbaglio e la gnosi, vista come sistema di potere esclusivo ed elitario, è anche metafora del sistema industriale italiano. In fondo anche dio  (demiurgo pasticcione o signore degli eserciti che sia) per creare il mondo ha avuto bisogno di dire FIAT.

Le ultime delle oltre 600 pagine di “A che punto è la notte” sono affidate all’Eterno presunto in persona e ribadiscono il tratto caratteristico di Fruttero e Lucentini: quell’amabile fermarsi sulla soglia delle grandi questioni (Dio, l’Amore, il Bene, il Male) per poi aprire la porta con una chiave a caso, vivendo sempre come se si vivesse tra parentesi, con l’affettuosa e bonaria ironia che è distintiva di chi ama i generi popolari. 
Di fronte al plotone d'esecuzione comandato dal dubbio, insomma, i nostri autori rifiutano la benda, fissano negli occhi i fucilieri e li incantano con il vecchio trucco del racconto.
Dalla parte opposta, armato di proiettili di scetticismo a grande calibro, potrebbe stare Umberto Eco con il suo “Il Pendolo di Foucault”, un romanzo del 1988 che segue l’enorme successo di “Il nome della rosa”. La storia si dipana per oltre 700 pagine ed è ambientata tra il Piemonte, il Brasile e Milano. Protagonisti sono tre redattori milanesi contemporanei agli anni di uscita del romanzo, persi tra dandismo e fascinazioni esoteriche. I tre, con l’aiuto di uno dei primi personal computer e a partire da un documento criptico,  giocano a  riscrivere a tavolino la storia del mondo, come la riscriverebbe un seguace dell’ermetismo e dello gnosticismo. Il loro divertimento finirà per essere preso rovinosamente sul serio, fino ad un tragico finale. 

Facendo confliggere illuminismi e tradizioni Eco imbastisce una fiera della spiritualità occulta in cui si gratta fino il fondo del barile gnostico: catari, templari, riti animisti, homuncoli, Aleister Crowley, Madam Blavatsky e la Compagnia di Gesù in un delirante girotondo enciclopedico. La tesi da dimostrare è comunque una sola:  la vera empietà è quella che si commette ai danni della ragione. All’abituale vertigine affabulatoria convergono miti, citazioni, rimandi (tra cui anche un rapidissimo accenno al giallo di Fruttero e Lucentini), mentre si affollano le descrizioni degli iniziati ai segreti ermetici con le loro intese cifrate, le lotte furibonde per risibili questioni, i loro gadgets lessicali, il loro incedere superbo per la strada che conduce dalla poesia alla cronaca nera, dall’esoterismo ai servizi segreti (ovviamente a quelli deviati).


"Il pendolo" è evidentemente un pamphlet scagliato da un abile pilota a folle velocità contro lo spirito iniziatico. Contiene  alcune tesi condivisibili, come quella che lega lo gnosticismo al complottismo, ma in più parti  risulta urticante, per l’assenza di leggerezza e per le rasoiate di Occam inferte a tradimento anche alla ricerca più seria, visto che per tutto il romanzo gli iniziati non sono altro che dei ribaldi e il loro entusiasmo è ottusità. L’irritazione continua almeno fin quando non ci si accorge che la storia narrata nel Pendolo di Foucault si è poi avverata con il romanzo di Dan Brown “Il codice da Vinci”,  un best sellers che riprendeva una improbabilissima tradizione gnostica, sostenuta da indizi risibili e infarcita di suggestioni rinascimentali, che ha rischiato davvero di riscrivere la storia, costringendo la Chiesa cattolica a doversi difendere pubblicamente dallo sgomento dei suoi stessi fedeli.
Curiosamente "Il pendolo di Foucault" termina come una storiellina zen, la disciplina buddhista più vicina allo gnosticismo che io conosca. 
Il profitto più grande, comunque, che si può trarre dal "Pendolo.." è l’allerta nei confronti dell’interpretazione infinita in cui indulgono spesso i saperi ermetici, quella che, ad esempio, potrebbe portare a pensare che due opere seconde che parlano di gnosi per oltre 1.300 pagine debbano essere sotterraneamente collegate fra loro per rivelare solo ad una stretta cerchia la cifra di saperi solennemente occultati. Magari evidenziando che gli anni che separano "A che punto è la notte" da "Il pendolo di Foucault" sono 9, numero caro ad Ermete Trismegisto, che entrambi i romanzi si sviluppano a partire da messaggi che sembrano gnostici, ma si rivelano per qualcosa di molto più banale o che in tutte e due le trame parte importante hanno le luciferine intelligenze artificiali e la consorteria delle case editrici. Si potrebbe aggiungere, poi, che l’anagramma (arte affiliata alla sapienza ebraica della cabala) dei cognomi degli autori è “Furente in iter occulto” e che i luoghi piemontesi descritti nei libri sono stati sotto l'influenza della stirpe regale dei Merovingi, la discendenza gnostica di Gesù e la Maddalena. Potremmo essere quindi spinti a domandarci: sono solo coincidenze?
Preparatevi, perché se lo sanno quelli di Voyager risponderanno, ovviamente, di no e ci ricorderanno di pagare il canone RAI per raccontarcelo, come se non vi avessi avvertito.


Fonti, rimandi, ispirazioni e fanatismi:

A che punto è la notte di Carlo Fruttero e Franco Lucentini ed. Mondadori
Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco ed. Bompiani

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