Anno di lotte, il 1973 in Italia. Lottano i giovani di destra e di sinistra per le strade, lottano i fratelli Mattei prima di finire avvolti dalle fiamme a Primavalle, lotta Franca Rame per sfuggire al rapimento e allo stupro di gruppo, lotta, non si sa bene a nome di chi, l’anarchico che fa esplodere una bomba assassina alla questura di Milano.
Nel campo della scena musicale che allora si diceva alternativa, lotta anche un ventottenne Franco Battiato, che aveva già appassionato e diviso la critica con le fascinazioni genetiche di "Fetus", il suo primo album. Il giovane compositore si butta a capofitto nel 1973 con i furori ambientalisti di "Pollution", un album che raggiunge i primi posti in classifica e che viene portato in tour con folli happening che spaziano dal Festival di Re Nudo al Be In di Napoli. Gli echi di quella musica fanno gridare al genio persino Karl Heinz Stockhaushen e Frank Zappa. Nel clima movimentista, però, Battiato si trova a disagio e cova un malessere profondo. La sua lotta, così, diventa interiore. Si trova, un giorno, a New York, in una stanza d’albergo dove tutto gli appare di plastica, dal cielo alla razza umana “che non ha mai avvertito la pochezza vertiginosa del suo stato, l’assurdità di un’esistenza meccanica”. Deve decidere se suicidarsi o continuare a vivere. Sceglie in un certo senso entrambe le cose e congeda alla fine del 1973 il suo secondo album di quell’anno: Sulle corde di Aries, un inno di appartenenza e di liberazione, “un viaggio terapeutico di pulizia, un disco psicoanalitico” in cui la memoria seleziona tra le cose irrimediabilmente perdute quelle che mantengono ancora un nucleo vitale, salvandole dalla furia del tempo e caricandole di valori, parola su cui non a caso fa perno l’intero disco.
Sulle corde di Aries è un lavoro destinato a spiazzare del tutto il pubblico di allora e non lascia alcuna traccia di sé nelle classifiche di vendita. Il nuovo Battiato ripropone per il suo disco il sintetizzatore, che non viene però più utilizzato come un giocattolo, ma come una vera e propria macchina del tempo sonora. A raffinare l'opera si affida per la prima e unica volta nella sua carriera a musicisti e suoni jazz, utilizzati in maneira del tutto originale, come un latino per chiamare i fedeli al tempio.
Sulle corde di Aries si apre con “Sequenze e frequenze” un brano dall’incipit sinistro e cigolante, da cui affiora la lama di una voce solenne e lontanissima, emersa dalla tempra ancora incandescente di umori sentimentali: “la maestra in estate ci dava ripetizioni nel suo cortile. Io stavo sempre seduto sopra un muretto a guardare il mare.” Con queste parole per la prima volta Battiato dà le spalle al suo pubblico e addita qualcosa di lontano e vagamente pauroso. Per farsi coraggio, dopo le sequenze autobiografiche, ci si sintonizza su frequenze sonore plasmate da tamburelli, synth in cui pare di indovinare i motori di una nave, campanelli, gocce d’acqua, trilli per oltre 10 minuti che potrebbero sembrare 100 e che evitano le tentazioni sinfoniche di tanto progressive contemporaneo. Qualcuno parla di influenze minimaliste, ma ignora che si tratta più probabilmente di un battesimo.
Il lato B dell’album comincia con "Aries" un brano strumentale in cui sembra di cogliere nelle improvvisazioni jazzate il balzo dell’Ariete che celebra la primavera e la nascita di Venere. Segue il brano più toccante dell’album: "Aria di rivoluzione" un lavoro controcorrente che introduce il motivo autobiografico e memoriale del padre emigrato in Abissinia per svolgere il lavoro di autista. Sono gli anni in cui l’Europa conosce l’orrore della seconda guerra mondiale e le sirene d’allarme si erano sostituite alle canzoni nello scandire il tempo delle popolazioni in guerra.
In Aria di rivoluzione quegli anni lontani sono sovrapposti alla contemporaneità che non riusciva a tenere a freno la violenza di certi estremismi e, come reazione, si individua nella propria generazione il desiderio di nuovi valori che non passano da rivoluzioni armate e dalle conseguenti rappresaglie.
In Aria di rivoluzione quegli anni lontani sono sovrapposti alla contemporaneità che non riusciva a tenere a freno la violenza di certi estremismi e, come reazione, si individua nella propria generazione il desiderio di nuovi valori che non passano da rivoluzioni armate e dalle conseguenti rappresaglie.
È come se nel pieno della guerra civile che interessava tanti (troppi) suoi coetanei, Battiato chiamasse a raccolta sensibilità affini per incitarle ad una rivoluzione liberatoria e condannando con lucidità critica gli eccessi violenti di quel tempo. Il richiamo ai valori, si diceva, sembra il cardine del disco. A sentirla pronunciare è una parola che suscita subito l’immagine di qualche allegorico guerriero scolpito in basso rilievo. Qualcosa che si guarda di profilo e che il giovane Battiato affronta di petto, tagliando i ponti col passato recente e riallacciandoli con un passato addirittura prenatale.
È curioso notare come Aria di rivoluzione, a distanza di quasi 40 anni dalla sua pubblicazione, abbia mantenuto intatta la vitalità passando da invito a frenare gli istinti sanguinari e ciechi di tutta una generazione a rappresentare uno scossone per le nuove generazioni in letargo, additando loro i valori della profondità e della ricerca.
La musica per giovani arieti del 1973 si chiude con “Da oriente ad occidente” dove radio Tirana e le cavigliere del katakali sembrano suonare davvero e non sono solo evocate. Ritornano l’immagine primaverile di Venere, i segnali che manda la Terra, il desiderio di partire allontanandosi dal padre (che è poi soprattutto la patria, la Sicilia).
Come si è visto “Sulle corde di Aries” è un album seminale per la carriera di Battiato, i cui temi fioriranno qua e là nella produzione futura del musicista siciliano. Forse per questo risulta abbastanza trascurato nella sua produzione. A me pare, invece, il classico disco che non può mancare nella discoteca di chi ama la musica.
Enzo Di Mauro, non del tutto a torto, ha ritenuto di riassumere la carriera di Battiato come quella del rivoluzionario mancato che “ha perduto, ma ha vinto come emblema, come stemma, come icona di un’epoca che egli ha creduto di maledire”. Questo tipo di critica, però, deve fare i conti con questo album inattuale e atemporale. Con Sulle corde di Aries Battiato sale sul monte più alto e soffia un lungo richiamo in un corno di Ariete, prima di consegnarsi ad una ricerca dapprima freddamente intellettuale e poi sempre più elitaria, fino a riemergere come dissacrante icona pop di successo e poi ancora, fino a condursi nell’olimpo della musica italiana con "Fisiognomica". L’album in cui trovano compimento artistico i temi siciliani, della decadenza di oriente ed occidente, della ricerca spirituale. Ma a questo punto appare chiaro che parliamo di una vetta raggiunta issandosi sulle corde di Aries.
*Grazie ad Antonio a cui ho rubato qualche spunto, confondendo quel che è suo con quel che è mio, come è inevitabile dopo anni di ascolto fraterno.
Fonti, rimandi, ispirazioni e fanatismi:
Lo storico omaggio web al cantautore siciliano: http://www.battiatovirtual.it/tribute/
La guida di Supereva: http://guide.supereva.it/franco_battiato/
Tutti i testi: http://battiato.altervista.org/php5/index.php
Il gruppo di discussione: http://www.newsland.it/nr/browse/it.fan.musica.battiato/index.html
Fenomenologia di Battiato di Enzo Di Mauro e Mario Masotti Ed. Auditorium
Battiato on the beach di Christian Zingales Ed. Arcana
Soprattutto il silenzio di Annino La Posta Ed. Giunti
Appena ora ho risposto sul NG che la fonte biografica e discografica più completa è Solitary beach, mi compiaccio che (da neofita)la penso come un esperto come te. Ora ho messo su il Cd di Aries e ti confesso che non l'ho mai ascoltato per intero e di seguito, mentre ovviamente conosco i pezzi più famosi in altre esecuzioni.
RispondiEliminaOggi ho molto tempo libero e voglio ascoltare bene alla luce delle tue interessanti analisi.
PS
Lo sapete che di musica capisco poco, ho sempre bisogno di sentire anche parole.
ciao
calypsos
Buon ascolto cara Calypsos e grazie per la visita!
RispondiEliminaOttima pubblicazione e soprattutto ottima lettura!
RispondiEliminaPiù dell’impegno di una penna, si ha l’impressione di esaminare quello di un prezioso cesello, guidato da autentica perizia, con il quale si può raggiungere finiture di qualunque grandezza.
Caro Kar, più esagerato di quello che hai scritto c'è solo l'affetto che porto agli amici come te. Grazie della visita e alla prossima.
RispondiEliminaCaro Vince,
RispondiEliminasai che abitualmente non amo leggere e, come un coccodrillo, me ne dolgo sempre.
Consapevole di questo mio imbarazzante segreto mi hai inviato il link di questo blog aggiungendo che ti sarebbe stata gradita una mia visita quasi a farti io una mera cortesia.
Per gli argomenti e per la capacità con la quale riesci a catturare i tuoi lettori credo che siamo noi a doverti chiedere la cortesia di scrivere più spesso, perchè, e concordo con Kar, sei capace di qualsiasi meta con uno stile che incanta.
Le vecchie magie baol che mi commuovono sempre! :-)
RispondiEliminaSono tentato da luoghi comuni ma, credo, che la commozione dipenda oltre che dalle magie baol, anche dal fatto che siamo rimasti, credo e spero, dei bambinoni teneroni e orsacchiottosi!! :-)
EliminaQuindi amico mio pur consapevole dei mille impegni che fortunatamente riempiono la tua vita rimboccati le maniche e ... avanti un'altro secondo!!! :-p