martedì 7 giugno 2011

La scomparsa di Franco Rasetti

 
I Ragazzi di Via Panisperna. Rasetti è il secondo da destra.

Indagando sulla scomparsa di Ettore Majorana, Leonardo Sciascia ipotizzò che il matematico avesse presagito i possibili effetti distruttivi delle sue scoperte sull’atomo e per questo si fosse nascosto per sempre in qualche convento. Lo scrittore di Racalmuto non sapeva, forse, che tra i giovani esploratori del nucleo atomico di Via Panisperna, ve ne era uno che ebbe la stessa lucida visione e decise di scomparire, seppure a suo modo e in circostanze molto meno misteriose, per analoghi motivi: si chiamava Franco Rasetti.

Rasetti era riuscito comunque a ritagliarsi una piccola parte nella storia della letteratura italiana. Da ragazzo, infatti, era solito frequentare la casa di Natalia Ginzburg che si ricordò di lui al momento di scrivere Lessico Famigliare. Con poche pennellate conosciamo quello che secondo il padre della scrittrice era un ragazzo arido, perché rimaneva ostinatamente indifferente a tutte le discussioni politiche. La Ginzburg, invece, seppe cogliere lo sguardo vivace e l’anima raffinata di un ragazzo capace di parlare tre lingue, di elencare il nome scientifico di migliaia di insetti (aveva imparato già a sei anni) e di scrivere dei bei versi dopo un’escursione in montagna.

In realtà la mente razionale di Rasetti non amava la politica perché era una disciplina in cui si poteva dire tutto e il suo contrario, senza possibilità di verifiche. Aveva la stessa opinione della filosofia, da cui comunque si congedò con un 9 alla maturità liceale. La materia in cui questo originale ragazzo aveva il voto più basso era fisica che trovava noiosa e a cui si applicava con difficoltà. Le leggi della materia tornarono a presentargli il conto qualche anno più tardi, quando era già iscritto alla Facoltà di Ingegneria. Ci vollero, tuttavia, i migliori atomi del tempo, quelli a base carbonio organizzati intorno al genio di Enrico Fermi. Rasetti rimase affascinato dal giovane coetaneo di cui divenne amico fraterno e, col senso di sfida che gli era proprio, si iscrisse a Fisica per colmare le sue lacune ed ascoltare le lezioni dello studente che ne sapeva più dei professori.

Ha inizio così un sodalizio che li vede protagonisti di scoperte strabilianti e scorribande goliardiche al limite della denuncia. Secondo i soprannomi che si diedero quei giovani ricercatori Fermi, il teorico, era detto per la sua infallibilità il “papa”,  mentre lo sperimentale Rasetti era “il venerabile maestro”. Il soprannome gli derivava dall’agilità con cui si muoveva in ogni campo del sapere umano. La moglie di Fermi lo ricordò in suo libro per la cultura enciclopedica che si divertiva ad ostentare con tutti. “Fantastico! Quindi voi non sapete che…” era l’espressione a cui era solito far seguire la citazione in lingua originale di uno scrittore europeo, la misura della superficie dell’Afghanistan, un concetto di fisica quantistica o qualche strana abitudine di un insetto.

In laboratorio era implacabile nel ricercare la perfezione e costruiva da sé e in economia le apparecchiature utili per gli esperimenti. La sua perizia tecnica consentì al gruppo di Via Panisperna di raggiungere risultati superiori a quelli dei colleghi che godevano di finanziamenti infinitamente superiori nel resto del mondo. Fu lavorando in solitudine negli Stati Uniti d’America e con strumenti auto costruiti che Rasetti si segnalò a nemmeno trenta anni alla comunità scientifica con importanti scoperte sull’effetto Raman.
Già dai primi tempi della sua carriera fu un convinto difensore della ricerca pura e non nutriva nessuna ansia sulle applicazioni delle scoperte scientifiche; non c’era esperimento che non potesse aspettare le lunghe vacanze estive o le escursioni sulle cime di tutto il mondo dove accompagnava Heisenberg, Fermi, Segrè e, più tardi, i suoi studenti. Dopo gli studi sull’effetto Raman tornò a Roma dove rimase, contribuendo a tutte le scoperte che valsero il Nobel a Fermi, fino allo scioglimento del gruppo.

Fermi e Rasetti
Pur rimanendo profondamente apolitico, era disgustato dalle leggi razziali e dall’Italia fascista. Emigrò nel 1939 in Canada, presso la piccola Università di Laval dove la parabola della sua carriera di scienziato divenne del tutto originale. Fermi lo aveva preceduto oltreoceano di qualche mese e i due amici non si sarebbero più rivisti, se non in un’unica e fuggevole occasione.

Non potendo assecondare la sua passione per l’entomologia (si accorse con orrore che per migliaia di kilometri quadrati i boschi del Canada ospitavano una varietà ristrettissima di insetti e quasi esclusivamente mosche e zanzare) si dedicò alla paleontologia, leggendo da autodidatta i libri che trovò alla biblioteca universitaria. Sviluppò questo interesse negli stessi anni in cui il mondo scientifico giocava una partita decisiva per il proprio futuro. Nel 1941, infatti, Rasetti fu invitato a partecipare ad un programma di ricerca che sarebbe confluito nel progetto Manhattan per la costruzione della prima bomba atomica. Da subito contrario alla compromissione della fisica con l’industria bellica e con il potere in genere (dichiarava spesso che “la scienza non può vendere l’anima al diavolo”) abbandonò gli studi sui neutroni e l’atomo per dedicarsi ai raggi cosmici, quelle particelle di energia provenienti dal sole o da altri corpi celesti che colpiscono la Terra. Anche in questo campo operò scoperte decisive. 

Rifiutando la scalata all’atomo, lasciò sul sentiero dei colleghi dei giudizi che pesano come macigni aguzzi. Queste le parole con cui ricorda quei giorni: “Dopo matura deliberazione declinai l’offerta, e poche furono le decisioni prese nella mia vita che ebbi a rimpiangere meno di questa. Ero convinto che nessun bene sarebbe potuto derivare da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione, e gli eventi successivi confermarono pienamente i miei sospetti. Per quanto malvagie fossero le potenze dell’Asse, era chiaro che anche i loro avversari stavano sprofondando, nella condotta della guerra, a un livello morale (o piuttosto immorale) simile, come testimonia il massacro di 200.000 civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki»
E ancora: “Devo ammettere che scoprire i segreti della Natura è tra le cose più affascinanti che ci possano essere. Ma può darsi che qualcosa sia insieme molto affascinante e molto pericoloso... Penso che gli uomini dovrebbero interrogarsi più a fondo sulle motivazioni etiche delle loro azioni. E gli scienziati, mi dispiace dirlo, non lo fanno molto spesso.” E per finire: "Tra tutti gli spettacoli disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che eguagliano quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto sorveglianza militare per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra"

Da questo giudizio severissimo, che gli creò non poche inimicizie, cercò di salvare l’amico di sempre Enrico Fermi. Tratteggiandone la vita in numerose opere commemorative, sorvolò sempre sull’impegno di questi a Los Alamos, con una eleganza pari a quella con cui conduceva gli esperimenti di laboratorio.
Avvertendo drammaticamente le responsabilità della scienza nei confronti delle sue stesse scoperte, Rasetti rinunciò progressivamente a proseguire le ricerche nel campo della fisica e si dedicò alla geologia e alla paleontologia, che trovava più consone al suo modo di intendere la ricerca.
Anche in queste discipline divenne presto un’autorità ed è decisivo il suo contributo allo studio del Cambriano, il periodo della storia della Terra in cui si sviluppò la vita acquatica. La paleontologia era un territorio appartato e disabitato, dove Rasetti poteva continuare a fare ricerca senza assilli e sfogando la sua furia classificatrice nella sistemazione di migliaia di fossili di trilobiti, alcuni dei quali scoperti da lui stesso per la prima volta. Per questi, che sono i primi esseri viventi a mostrare una certa complessità, propose classificazioni alternative che vennero presto accettate dai colleghi di tutto il mondo con cui si confrontava da pari e che lo interpellavano come si interpella un vate.

Un trilobita disegnato da Rasetti
Fu l’ultimo sopravvissuto di quei ragazzi che da Via Panisperna cambiarono non solo il mondo della fisica. Morì centenario in Belgio, nel 2001, dimenticato dal mondo della scienza moderna che lo considerava il prototipo dello scienziato del passato. Lui, che non concepiva una ricerca in cui lo scienziato non ha piena consapevolezza di tutti i momenti dell’esperimento e che in nome dell'integrità morale aveva rinunciato a premi e riconoscimenti (probabilmente anche al Nobel), si dedicò ancora alla fotografia e alla classificazione dei fiori alpini, trascorrendo magnifiche giornate a contatto di quella natura che amava più degli uomini.
Pare di poter leggere il pacifismo di Rasetti come il gesto estremo di un conservatore che ha compreso, forse per aver letto Faust, che nel corpo a corpo che l’uomo ha ingaggiato con la natura, la scienza ha inferto delle ferite mortali: quelle dell'oppressione del potere, dell’irrazionalità della guerra, del possesso demoniaco. Lui era disposto a scarcerare solo le impronte dei fossili dalla loro matrice rocciosa. Aveva scelto di abitare quel territorio sempre meno vasto e incorrotto che anteponeva la ricerca al risultato, la bellezza alla conoscenza, quello che ti rende soddisfatto per le simmetrie di un’orchidea di montagna o per l’insetto immortalato da milioni di anni in una goccia di ambra.

Fonti, rimandi, ispirazioni e fanatismi:
Il sito dell'Associazione che ne conserva memoria http://www.francorasetti.it/
Note biografiche e il no al nucleare:  http://gircse.marginalia.it/sciascia/rasetti.htm
L'intervista realizzata da Judith Goodstein: http://oralhistories.library.caltech.edu/70/01/OH_Rasetti.pdf

Franco Rasetti. Una biografia scientifica di Cristiano Buttaro, Arcangelo Rossi Ed. Aracne

Il ragazzo di via Panisperna. L'avventurosa vita del fisico Franco Rasetti di Valeria del Gamba Ed. Bollati Boringhieri


5 commenti:

  1. Bella la prosa, piana e riposante. Bella l'idea, omaggiare i secondi. Bella la figura dello schivo Rasetti. Sempre piuttosto schifosi, invece, i trilobiti.

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  2. Grazie Yanez della visita e delle belle parole. Ho chiesto in giro: pare che i trilobiti non siano troppo suscettibili.

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  3. Complimenti per aver fatto conoscere questo grande personaggio del 1900 attraverso il racconto della sua vita con uno stile fluido ed avvincente. La vita di Rasetti meriterebbe la "riscoperta" da parte del grande pubblico.
    Io ne sono rimasto affascinato poiché ho avuto la fortuna di poterla conoscere non solo attraverso la lettura di libri ma anche grazie ai racconti dei parenti (essendo originario di Pozzuolo) e alla frequentazione dell'Ass.FrancoRasetti, che svolge un'opera encomiabile.

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  4. Grazie per i complimenti e per la visita. Sono felice che l'ammirazione per Rasetti resista anche in questi tempi molto portati all'apparire e che l'associazione che porta il suo nome sia valida ed appassionata(come ho potuto constatare dalla visita del sito). Inutile dire che la mia curiosità sarebbe golosa di consocere qualche racconto di chi gli è stato vicino.

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  5. Franco Rasetti è l'unico che, da 70 anni a questa parte avrebbe meritato, a ragione, il Nobel per la Pace. Ma forse lo avrebbe rifiutato...

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